Previdenza in Veneto, intervista al Prof. Alberto Brambilla

Previdenza in Veneto, intervista al Prof. Alberto Brambilla

Quali sono gli interventi che si potrebbero mettere in campo per incrementare il numero di aderenti alla previdenza complementare in Italia e, in particolare, in Veneto?

Come abbiamo avuto modo di vedere anche nel corso della manifestazione, quello dello sviluppo della previdenza complementare è in realtà un tema estremamente complesso, il cui punto di partenza non può in realtà che essere la struttura del sistema pensionistico pubblico che, nel caso dell’Italia, si caratterizza tra le altre cose per un elevato livello di contribuzione e per dei buoni tassi di sostituzione.

Per intenderci, se a differenza di quanto accade altrove, l’adesione a forme pensionistiche complementari in Italia resta libera e volontaria è anche perché non potrebbe essere diversamente, considerato l’elevato livello di contribuzione al sistema che viene richiesto ai lavoratori: per i subordinati, si sta parlando del 33% della retribuzione media – con il 9,19% a carico del dipendente e il 23,81% a carico del datore di lavoro – vale a dire, dunque, di una delle percentuali più elevate in assoluto nel confronto internazionale. Con questo presupposto, difficile “imporre” per legge l’adesione a un fondo pensione.

Anche per intenderci sul tema dei tassi di sostituzione può venire in aiuto il confronto internazionale. Anche qui, giusto per fare un esempio, si possono considerare Paesi come Olanda e Regno Unito, nei quali l’adesione alla previdenza complementare è rispettivamente semi-obbligatoria e automatica (con possibilità di uscita e re-iscrizione da parte del datore di lavoro dopo tre anni), ma che tendono a offrire una pensione di base modesta se paragonata a quella italiana. Il sistema pensionistico italiano offre invece buoni tassi di sostituzione netti, che variano (rispetto all’ultimo reddito) tra il 60% dei lavori autonomi e il 70% dei dipendenti (quasi l’80% per le generazioni che stanno entrando ora nel mondo del lavoro e per le quali si prospetta una carriera e un’anzianità contributiva più lunga a seguito del progressivo inasprimento dei requisiti per la pensione). Il che non è ovviamente di per sé garanzia di un importo pensionistico elevato, ma ci aiuta da una parte a capire come la causa di pensioni basse o insoddisfacenti vada ricercata innanzitutto nelle dinamiche del mercato del lavoro e, dall’altra, di individuare una delle ragioni per le quali in Italia si senta forse meno la necessità di iscriversi a un fondo pensione…

Fatta questa premessa e comunque ritenendo fondamentale il ruolo del secondo pilastro per il futuro pensionistico degli italiani, sarebbero molti i passi che si potrebbero compiere per incentivarne ulteriormente la diffusione (che è comunque in graduale e costante crescita), soprattutto tra i più giovani. Ben vengano allora iniziative di alfabetizzazione e sensibilizzazione come il Veneto Welfare Day, ma non va trascurata la possibilità di interventi più strutturali in materia: i vantaggi fiscali associati alle fasi di adesione, contribuzione ed erogazione delle prestazioni non mancano, così come non va sottovalutato il ruolo del welfare aziendale – che andrebbe comunque meglio “finalizzato” – ma sicuramente riproporre periodicamente il meccanismo del silenzio-assenso sul modello UK potrebbe essere una prima soluzione per dare maggiore forza propulsiva alle iscrizioni.

Una riflessione al contrario, sui provvedimenti che rischiano cioè di indebolire invece l’intero comparto del welfare complementare, va fatta sulla flat tax: se, come probabile, l’introduzione della tassa piatta comporterà il decadere di quelle deduzioni e detrazioni che rendono convenienti il welfare aziendale o garantiscono importanti sgravi sulla contribuzione a un fondo pensione, diventa legittimo chiedersi se il lavoratore vorrà davvero continuare a usufruire di questi servizi. Un provvedimento che rischia insomma di trasformarsi in un bel boomerang per il secondo pilastro.

 

Che ruolo possono giocare iniziative come il Veneto Welfare Day?

Assolutamente fondamentale. Pur considerati tutti i fattori di cui abbiamo detto prima, non bisogna trascurare che alla base di una diffusione forse ancora al di sotto delle aspettative del welfare complementare c’è sicuramente anche un’importante questione di cultura previdenziale e finanziaria in senso lato. Viene allora appunto da sé che tutte le iniziative, in particolar modo istituzionali, che ne agevolano la diffusione vanno incoraggiate, sostenute e accolte con favore. All’aumentare della complessità della materia, ma anche dei rischi da affrontare (si pensi ad esempio agli effetti socio-economici di trend come invecchiamento della popolazione e atomizzazione dei nuclei familiari), devono necessariamente aumentare anche qualità e quantità delle informazioni offerte ai cittadini che, se da un lato, devono essere messi nelle condizioni di comprendere al meglio le dinamiche del sistema pubblico e anche il senso delle scelte operate in materia dal legislatore, pur senza necessariamente condividerle, dall’altro devono acquisire una maggiore consapevolezza di tutte le opzioni a loro disposizione.

A partire dal 2011 e per ben 6 edizioni, proprio con l’intento di sensibilizzare il grande pubblico alla previdenza intesa a 360 gradi come attitudine a tutelarsi consapevolmente dai rischi futuri, Itinerari Previdenziali ha ad esempio promosso e coordinato la Giornata Nazionale della Previdenza e del Lavoro. Proprio l’esperienza della GNP, che ha rappresentato di fatto in quegli anni il più importante evento di piazza dedicato al welfare pubblico e complementare e per molti aspetti affine al Veneto Welfare Day, ci ha insegnato che quando i cittadini hanno l’occasione di acquisire strumenti utili a confrontarsi in modo semplice e diretto con temi importanti come quello della pianificazione del proprio futuro previdenziale non perdono l’occasione per farlo.

Sempre sulla scia di quell’esperienza, per rendere queste informazioni accessibili su tutto il territorio e in ogni momento, abbiamo poi aperto un portale divulgativo, Pensioni&Lavoro, coordinato dal nostro Centro Studi e Ricerche: il riscontro anche in questo caso è ottimo e ci fa riflettere quotidianamente sull’importanza di offrire informazioni chiare e semplici, anche ricorrendo a strumenti pratici, come i simulatori e i comparatori che ad esempio condividiamo sinergicamente proprio con il Veneto Welfare Day, con l’importante intento comune di raggiungere e sensibilizzare un numero sempre più ampio di persone.

Qual è il messaggio più importante sul futuro previdenziale dei giovani lavoratori?

Di non cadere nel luogo comune secondo cui c’è sempre tempo per pensare alla pensione, nell’errore che si tratti di una “cosa per vecchi” o che in qualche modo non toccherà mai le giovani generazioni di oggi.

Ad esempio, la scelta di iscriversi – anche con piccoli versamenti mensili (l’equivalente di una colazione giornaliera al bar o di un’uscita a cena al mese per due persone) sin da giovane a un fondo pensione o, perché no, quella di genitori e nonni di iscrivere un minore fondo pensione è un “sacrificio” sicuramente ben ripagato dai benefici fiscali di cui abbiamo già detto, ma soprattutto dalla possibilità di veder tutelato il proprio futuro previdenziale e il tenore di vita nel periodo della quiescenza. Che i giovani di oggi non avranno una pensione pubblica un domani è un falso mito da sfatare, ma è certo vero che l’impossibilità di aumentare ulteriormente il livello della spesa per protezione sociale malgrado la “spinta” di fenomeni come quello dell’aumento progressivo dell’età media pone già e porrà ancora di più in futuro un problema di sostenibilità, che vede nel secondo pilastro e nel welfare integrato in generale una via da percorrere se non per obbligo di obbligo di legge, quanto meno per forte necessità.

Meglio allora pensare alla strada da compiere con l’approccio della maratona: visto che il percorso è lungo, prima si parte e più sostanzioso sarà l’importo finale raggiunto, anche a fronte di versamenti non troppo elevati (per i lavoratori dipendenti un aiuto importante in tal senso può oltretutto arrivare dal TFR e dall’eventuale contributo del datore di lavoro).

Insomma, sarebbe forse bene iniziare a guardare al fondo pensione come a una sorta di “salvadanaio consapevole”. Spesso infatti si dimentica di sottolineare o di spiegare ai più giovani che il fondo pensione è uno strumento ben più flessibile di quanto erroneamente si pensi: anche se all’interno di circostanze e modalità ben precise, le somme accumulate nella propria posizione individuale restano in realtà a disposizione del lavoratore anche prima del pensionamento.