Fondi Pensione: quale prospettiva per il risparmio previdenziale nell’anno più difficile. Un dialogo sul fenomeno della Previdenza Complementare nel Mondo post-pandemico.
Veneto Welfare, nella figura della Coordinatrice Silvia Cavallarin, ha voluto riflettere sugli scenari possibili e sulle evoluzioni in atto in tema di Previdenza Complementare e sui flussi nei mercati internazionali del welfare attraverso un’intervista al Direttore del Fondo Previdenziale Solidarietà Veneto dott. Paolo Stefan.
Direttore, si è da poco concluso un anno complicato per la finanza. Quali sono le aspettative per il 2023?
Qualcuno ha definito il 2022 finanziario come l’anno della “tempesta perfetta”. L’economia continentale, e ancor più quella del nostro Paese, già debilitata dalla pandemia, con il conflitto Russia – Ucraina ha dovuto affrontare l’aggravarsi del problema delle catene di fornitura e della carenza di materie prime: terreno fertile per la speculazione, che ha gonfiato i prezzi dell’energia, generando un’importante inflazione. Con la cronicizzazione mediatica del confitto, la stabilizzazione del prezzo del gas e il rallentamento dell’inflazione, anche lo scenario prospettico – lo diciamo sottovoce – appare meno cupo ed i mercati, in queste prime settimane del 2023, sembrano voler credere a tale visione.
Quale ruolo hanno avuto le Banche Centrali in questa fase delicata?
Il 2022 sarà ricordato quale “spartiacque”: termina infatti l’epoca delle politiche espansive, che se da un lato hanno contribuito a superare problemi come Lehman Brothers, lo spread e il Covid, dall’altro ha alimentato gli eccessi della finanza che hanno portato alla situazione attuale. Le banche centrali, nell’intento di contenere l’inflazione, hanno alzato i tassi d’interesse: i prezzi, soprattutto negli USA, da qualche mese hanno smesso di salire, ma l’efficacia complessiva della “cura da cavallo” prescritta da FED e BCE potranno valutarla solo “i posteri”. Sono all’opposto evidenti gli “effetti collaterali”: i ribassi delle borse e la perdita di valore delle obbligazioni emesse negli anni passati. Tuttavia, con questo cambio di rotta, si esce – direi “finalmente” – dal “deserto dei tassi a zero”: oggi, infatti, ritroviamo rendimenti delle obbligazioni nuovamente comparabili con quelli del passato meno recente.
Quale potrebbe essere l’eredità più rilevante che ci lascia l’anno passato?
Credo il “brusco risveglio” a cui ci ha condotto la guerra rispetto al tema dell’energia: l’opinione pubblica ha forse compreso che il nostro benessere quotidiano dipende dalla disponibilità di gas e petrolio, esattamente come negli anni ’70. Le economie occidentali, scopertesi vulnerabili di fronte allo shock, hanno reagito, cominciando ad intraprendere azioni tese a mitigare la dipendenza dalle fonti fossili. In questo processo ha di fatto preso quota il percorso della sostenibilità (non soltanto energetica) della nostra economia e a quanto pare… più di Greta Thunberg poterono la paura di restar al freddo ed il rincaro delle bollette!
L’auspicabile processo di cambiamento in chiave di sostenibilità è ancora agli inizi. Gli obiettivi sono distanti e richiederanno notevoli sforzi, ma la svolta, se non sarà illusoria, rappresenta una buona notizia per i cittadini e per i mercati finanziari. Una svolta che impatta, tra l’altro, proprio nelle strategie di investimento dei Fondi Pensione, soggetti che, più di altri, sono chiamati all’investimento al lungo termine.
Ripensare il Risparmio potrebbe quindi contribuire ad un cambiamento capace di incidere nelle dinamiche economiche Post-Pandemia del nostro Paese?
Lo scorso dicembre la Banca Centrale Europea ha manifestato l’intenzione di normalizzare la “dimensione” degli investimenti in titoli di stato. Alla notizia, dopo anni di “protezione finanziaria” da parte della BCE, i mercati hanno cominciato a chiedersi cosa potrebbe succedere se venisse meno questo supporto. Emerge anche in questo caso il tema “sostenibilità”, non tanto dal punto di energetico, ma dei conti pubblici e, nel complesso, del sistema economico che li alimenta. Un’economia che, se vuole essere credibile, va revisionata e, in questo senso, sarebbe importante che il risparmio – specie quello previdenziale – venisse veicolato al cambiamento in chiave di sostenibilità. Anche perché il valore del risparmio dipende proprio dalle aspettative e dunque dalla capacità di “costruire futuro”.
Possiamo dire quindi che i Fondi pensione potrebbero essere protagonisti nella creazione di una nuova economia del nostro Paese?
L’Italia – ma la questione travalica i confini del nostro Paese – ha davanti a sé una grande opportunità: il nostro Paese si appresta ad avviare il PNRR. Qualcuno dice che sia una specie di “ultima occasione” per risollevarci da anni di stagnazione e bassa produttività, della palude della burocrazia e perfino della trappola demografica. Lo speriamo naturalmente, ed è una prospettiva che in effetti si lega anche al ruolo dei Fondi pensione, potenziali partner finanziari nello sforzo che ci aspetta. Le risorse dei Fondi potrebbero infatti affiancare quelle pubbliche, contribuendo alla revisione del sistema infrastrutturale del nostro Paese e, attraverso l’investimento nelle nuove imprese, generando quelle professioni che ci si aspetta possano attrarre lavoratori per i prossimi vent’anni.
Quale scenario per il risparmio si prospetta ai giovani che hanno aderito al Fondo pensione se dovessimo abbandonare la strada del rinnovamento quale “valore”?
Focalizzarsi sulla conservazione del passato, agendo a scapito delle generazioni future, porta a comprendere che la ricchezza è effimera. Al contrario, se le leadership politico – economiche sapranno affrontare le difficoltà odierne elaborando soluzioni evolutive, potrebbe aprirsi una stagione interessante anche per il risparmio a lungo termine. Spesso l’uomo dà il meglio di sé quando è messo alle strette, ed è forse per questo che ha senso guardare al futuro con un atteggiamento costruttivo.