I fondi pensione: una risposta concreta e flessibile per il futuro previdenziale dei cittadini
Intervista a Franco Lorenzon, Presidente di Solidarietà Veneto Fondo Pensione
- È alla ribalta il tema “pensioni” con il progetto “Quota 100”. Possiamo chiederle un commento?
Il pensiero va innanzitutto all’instabilità del sistema previdenziale italiano: dagli anni ’90 si susseguono riforme fra loro non sempre coerenti, con evidenti squilibri fra prestazioni. C’è poi la questione risorse: avere pensioni alte e andare in pensione presto è come riuscire a quadrare il cerchio… a meno che non si aumentino i contributi di chi lavora o si faccia crescere il debito pubblico. Una pensione “contributiva” che arriva a 62 anni di età e 38 di contributi sarà quindi più bassa, probabilmente di un 25%, rispetto alla pensione “anticipata” Fornero: la coperta è corta e le soluzioni che rimangano nell’ambito delle risposte tradizionali non bastano più.
- Saremo quindi chiamati a decidere se percepire una pensione inferiore del 20-30% o continuare a lavorare fino a 67 anni?
Non è detto e, su questo tema, non voglio spargere pessimismo. Mentre politica e media si focalizzano su “quota 100”, tanti italiani (pensionati di domani e dopodomani) mettono da parte qualche risparmio per la loro “terza età”. Vogliono essere liberi di programmare il loro futuro, con consapevolezza e responsabilità, convinti che sarebbe poco lungimirante farlo dipendere solo dallo Stato. Molti lo fanno con i fondi pensione: per costoro, una pensione INPS “modello Quota 100”, può essere integrata grazie ai fondi; se invece permanesse il modello “Fornero” (pensione più alta, ma tardi), il fondo potrebbe servire per anticipare l’uscita dal mondo grazie agli strumenti oggi offerti dalla legge.
- Insomma, il fondo pensione potrebbe rappresentare una soluzione trasversale ad entrambe le impostazioni.
Certamente. In particolare, è di recente introduzione la R.I.T.A, ossia la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata che il fondo pensione può erogare, consentendo ai lavoratori di fruire di una pensione prima che arrivi l’INPS e tra l’altro, risparmiando parecchie tasse. Una risposta concreta e flessibile che tiene conto dei bisogni dei cittadini in un quadro di sostenibilità economico/finanziaria.
- Se dovesse descrivere la previdenza complementare in 3 parole, quali userebbe?
La previdenza complementare è uno strumento che ha bisogno di tempo, che non si presta alla demagogia e, soprattutto, che comporta un salto culturale, perché anche il cittadino – non solo lo Stato – è responsabile del proprio futuro previdenziale. Inoltre, è uno strumento che si adatta alle esigenze del singolo. In sintesi, a me pare che la previdenza complementare sia uno strumento:
- equo: perché pensa all’oggi, ma anche al domani, agli attuali pensionati, ma anche a quelli futuri
- sostenibile: perché si fonda sui risparmi accumulati nel tempo;
- flessibile: perché offre soluzioni diverse per esigenze diverse
- Solidarietà Veneto, in fondo che lei presiede, è più diffuso in regione. Chi sono i lavoratori iscritti? Ci può dare qualche numero?
Nel Veneto solo il 35% dei lavoratori è iscritto a un fondo pensione: ancora troppo pochi, ma in costante crescita. Eppure, coloro che da 25/30 hanno attivato questo strumento, oggi guardano ai loro problemi pensionistici con maggiore serenità: “padroni” del loro futuro. Gli associati a Solidarietà Veneto sono soprattutto i lavoratori dipendenti dell’industria e dell’artigianato ma, fra gli 88.000 aderenti, ci sono anche i lavoratori interinali e le partite IVA: il lavoro atipico insomma. Il fondo è diffuso pure nell’agricoltura e nella piccola e media impresa. Tengo per ultimi i giovanissimi, ovvero i “soggetti fiscalmente a carico”, che sono circa 2.000: i più fortunati perché, grazie alla lungimiranza dei loro genitori, potranno contare – anche con un accantonamento di somme modeste – su un accumulo lungo e fruttuoso.
- Lei dice che il tasso di adesione in Veneto è basso. Ma è pur sempre uno dei più alti registrati in Italia, o no?
Si, questo è vero. E, su questi numeri, incide sicuramente la presenza capillare di Solidarietà Veneto, con la sua esperienza ed i suoi sportelli sparsi per il territorio. Il fatto che i lavoratori dipendenti possano scegliere fra il fondo contrattuale territoriale ed il loro fondo “di categoria” nazionali (i vari Cometa, Fonchim, ecc.) costituisce un valore importantissimo. Il sindacato, che promuove l’adesione ai fondi, non impone un unico veicolo, ma offre una possibilità di scelta fra vari strumenti, stimolando i cittadini al confronto e all’approfondimento. E stimola pure i fondi a fare un buon servizio, altrimenti i lavoratori, giustamente, ti tolgono la fiducia!
Se poi in Veneto anche i lavoratori del pubblico impiego, come in Trentino – Alto Adige ed in Valle d’Aosta, potessero valutare anche il fondo territoriale…
- Ho inteso che esistono altri fondi pensione territoriali in Italia. E che sussistono con essi alcune differenze…
Si, quelli che ho menzionato. C’è la differenza relativa al pubblico impiego ed il fatto che le regioni a statuto speciale sono a fianco dei rispettivi fondi per supportarne l’azione; è il punto sul quale ha fatto leva la legge regionale n. 15/2017 del Veneto sulla previdenza complementare. I fondi territoriali si fondano sull’intercategorialità, cioè sul fatto che un dipendente che cambia lavoro, ma resta nella stessa regione, possa mantenere lo stesso fondo, riducendo costi e burocrazia. Un modello che si dimostra efficacie e che trova riscontro nell’apprezzamento da parte dei cittadini.
- Cambiamo argomento: sono sicuri gli investimenti dei fondi?
La legge italiana è molto protettiva verso chi sceglie la previdenza complementare. Spetta però agli amministratori dei fondi sviluppare al meglio le possibilità consentite dalla norma anche in tema di rischio. In questo senso il Fondo Solidarietà Veneto è un innovatore.
- Perché?
Nel 2002 siamo stati il primo fondo negoziale in Italia ad avviare il multicomparto, che consente agli associati di scegliere fra diverse linee di investimento. Nel 2007 abbiamo introdotto un comparto Garantito che offre ancor oggi soluzioni protettive difficili da trovare sul mercato. Nel 2013 abbiamo diversificato gli investimenti puntando al territorio. Un lungo percorso che ha dato agli aderenti risultati soddisfacenti contenendo più che mai la rischiosità. E non è finita qui: già dai prossimi mesi saranno approntate delle importanti novità… Ma non voglio anticipare oltre.
- Lei ci induce ad essere incuriositi… ma siamo purtroppo giunti all’ultima domanda. Approfondiamo allora il tema degli investimenti sul territorio, di cui ci ha fatto cenno. Ci credete veramente?
Trent’anni fa la mente fantasiosa e lungimirante di alcuni colleghi ha immaginato “Solidarietà Veneto”. Nel mio piccolo ho contribuito anch’io alla nascita di questo fondo, che oggi mi trovo ad amministrare. Avviammo quel progetto perché credevamo, e crediamo ancor oggi, che la qualità della vita della persona sia un elemento imprescindibile. Solidarietà Veneto vuole dare, ai cittadini di questa regione, proprio questo: benessere, welfare, qualità della vita. Lo fa con il suo lavoro quotidiano al servizio degli associati e lo fa pure, seppur in porzione limitata, anche attraverso l’investimento nello sviluppo delle imprese. È questo il ruolo che, come fondo, vogliamo interpretare: dobbiamo contribuire a farci carico del futuro del nostro territorio, che deve diventare attrattivo per i più giovani. …altrimenti se ne andranno e allora sarà buio pesto. Ma noi, ottimisti per natura, abbiamo in mente un futuro diverso. Certamente più luminoso e da costruire sotto il segno della Solidarietà. Veneto.